difetti

“Mi racconti un tuo pregio e un tuo difetto?”

Ti sarà capitato almeno una volta durante un colloquio di lavoro, di sentirti fare questa domanda. Pregi, difetti o le variazioni sul tema: “cosa dice di te chi ti conosce?” oppure “qual è la tua più grande debolezza?”.

Alla stregua della scomoda “Parlami di te”, e a volte con la stessa apparente leggerezza, anche la domanda su pregi e difetti è a metà strada tra il personale e il motivazionale, affronta una sfera piuttosto intima e durante un colloquio di lavoro può creare incertezza.

  Vai in fondo all’articolo. Una video-chicca per sorridere! ***

Per la verità la questione dei pregi e difetti è piuttosto trasversale, indipendentemente dallo stile di intervista usato dal selezionatore e dal tipo di colloquio che stai affrontando. Si adatta sia a un colloquio conoscitivo, in cui il recruiter vuole profilare la tua personalità; ma è calzante anche in un colloquio di selezione, per indagare più a fondo se il tuo modo di essere (e di percepirti) è adeguato al ruolo da ricoprire.

E poi è anche frequente.

Quindi l’incertezza da cosa deriva?

È presto detto. Ci si prepara sempre moltissimo sulla descrizione del proprio Cv professionale, e invece si trascura come raccontare di se stessi in quanto persone.

E si sottovaluta il motivo profondo per cui una tal domanda può essere posta.

In effetti per qualcuno suona ridondante o demodé, se non addirittura inutile, in polemica silenziosa col selezionatore (“Ma cosa vuole sapere adesso? Perché non mi chiede piuttosto di quello che so fare…?”).

Eppure ti garantisco che non è per coglierti in flagrante sulla tua bassa autostima; e nemmeno perché l’aspettativa è quella di trovare il supereroe “senza difetti”.

Chiedere pregi e difetti serve a inquadrare se le incapacità/limiti che esprimi sono superabili o di ostacolo al lavoro che andrai a svolgere.

E poi ci sono le informazioni contenute tra le righe della tua risposta!

Come ti consideri, e con quale serietà tu stesso affronti un argomento tanto personale?

Sarà stata la domanda più inutile del mondo, se in quel momento non ti viene in mente nulla, il che significa che non hai chiarezza di te e dei tuoi punti di forza, e forse nemmeno ti rispetti troppo.
O se al contrario sei talmente baldanzoso da trasmettere arroganza. Della serie “io difetti non ne ho”… il che è brutto da sentire anche se fosse solo una battuta brillante, a mio avviso.

Sarà invece una domanda potentissima se, senza entrare in crisi ed anzi con assoluta certezza e serenità, saprai incuriosire il selezionatore trasmettendo il tuo valore grazie a: la tua maturità e consapevolezza di te; un senso critico adulto; una personalità formata, che sa valorizzare i suoi lati positivi e lavorare per il miglioramento di quelli negativi; e, non ultimo, onestà.

 


Pregi e difetti: domanda critica

Di per sé quella sui pregi e difetti è una domanda diretta e che può apparire critica (soprattutto quando il selezionatore si sofferma su questi ultimi). Ma non viverla come un’accusa nei tuoi confronti.

Ad essere sotto valutazione non è la tua persona – e si deve stabilire se tu sei giusto o sbagliato – ma, ancora una volta, il tuo essere aderente e funzionale al profilo da ricoprire.

Se non altro perché sommando le caratteristiche (ed eventuali difettosità) della tua personalità con quelle che richiede QUEL ruolo e ha QUELL’ambiente lavorativo, si crea un’alchimia che può essere magica e virtuosa, oppure l’inizio di un disastro… Ed è compito del mediatore della selezione tenerne conto.

Che poi, se ci pensi, una domanda come questa, se la affronti con un sincero ma efficace controllo, può creare empatia e complicità tra te e il selezionatore.
Tutti sappiamo di non essere perfetti (anche lui!). Sappiamo che sbagliare è possibile (soprattutto se le cose le si fa…) e che è alquanto improbabile avere abilità eccezionali in ogni campo. Ma anche non averne del tutto è improbabile.

E quindi il punto davvero strategico nell’affrontare questa domanda qual è?

È conoscere dove eccelli, far capire che ne hai pieno controllo e anche che sai metterlo a frutto. E al contempo riconoscere che hai anche quel tuo limite, che cerchi di superare migliorandoti costantemente.

 


Punti di forza e debolezza. Una riflessione in più

Potremmo aprire un dibattito eterno e davvero interessante sul tema dei punti di forza e debolezza, e probabilmente non basterebbe ad esaurirne il potenziale. Mi limito dunque a suggerire solo uno spunto.

Citando Marcus Buckingham*, nonostante la logica suggerisca che per migliorarsi bisogna focalizzarsi sul miglioramento delle proprie aree deboli, per eccellere davvero ciò che è necessario fare è, al contrario, puntare ad usare in maniera intelligente i nostri punti di forza.

Ciò non vuol dire trascurare l’obiettivo del miglioramento e del superamento dei propri limiti, senza il quale saremmo trattenuti nella mediocrità.
Vuol dire piuttosto saper suddividere le nostre energie tra forza e debolezza. Significa non farsi fagocitare da quest’ultima, ma dare la giusta attenzione anche al perfezionamento di ciò in cui siamo già “bravi”. Il che non solo riesce a far vedere quanto di meglio c’è in noi, ma ci dà anche morale per affrontare con meno timori le sfide al miglioramento.


Pregi e difetti: un’onesta strategia

È chiaro che non avere difetti, o meglio non esserne coscienti tanto non da riuscire a esprimerli, è indice di superficialità.

Una prima importante tappa è costruire la propria mappa dei talenti e delle aree di miglioramento, lavorando alla conoscenza di sé stessi: cosa IO SO fare bene/benissimo, e cosa NON SO, o potrei fare meglio.

Ai fini della ricerca del lavoro però, bisogna anche avere ben chiari gli elementi di attrattività, quei talenti che le imprese si aspettano e ricercano: le caratteristiche tipiche del ruolo, quelle espresse dalla visione e dall’ambiente di questa o quella azienda, e infine le capacità trasversali (e se vogliamo anche un po’ di “tendenza”, spesso legate al settore e al contesto socio-economico).

Per affrontare efficacemente la domanda su pregi e difetti durante un colloquio, devi esserti esercitato sul quadro d’insieme.

Ipotesi

  • ✔️  Costruisci la tua mappa dei talenti: individua cioè quelle aree di forza e debolezza che ti distinguono in senso assoluto;
  • Poi ✔️ informati sulle caratteristiche considerate positive e negative per il ruolo al quale ti stai candidando;
  • ✔️  e approfondisci il più possibile le caratteristiche positive/negative dell’azienda e dell’ambiente di lavoro (attraverso persone che li conoscano, attraverso i materiali informativi che l’azienda stessa mette a disposizione, …).

Scenario

✔️ Metti il tutto a confronto, e chiediti: quali aspetti della tua personalità sono più coerenti col lavoro e col contesto aziendale?
Proprio quelli saranno i tuoi pregi, quelli su cui sbilanciare il colloquio con l’obiettivo di scolpirli nella testa del recruiter, quelli che di fatto ti allineano alla sua ricerca e gli risolvono un problema (ricordi? Leggi QUI).

… e strategia!

✔️ Ma chiediti anche: quali tue caratteristiche possono essere invece pericolose o un ostacolo per il lavoro a cui aspiri? E quanto seriamente possono compromettere la tua efficacia lavorativa?

È qui che deciderai la tua tattica su come esporre i difetti.

Preparati a raccontare qualcosa di negativo su di te. Esercitati, perché non è facile esporsi, si rischia di accartocciarsi nella negatività oppure di minimizzare.

 

Può risultare utile:

➡️ usare una comunicazione breve e diretta: “guardi, credo che si possa dire che il mio peggior difetto sia…”, e vai dritto su UNO specifico, limitando il campo e le possibili obiezioni.

Ovviamente direzionerai il discorso sull’argomento che hai selezionato. E se sei pieno di difetti?? Per stavolta ne avrai “solo uno o due” 😉

➡️ ma che sia anche una comunicazione TUTT’ALTRO che generica e superficiale. Anzi la tua area debole avrà un nome e un cognome; e ti sarai ben esercitato a spiegare di cosa si tratta.

➡️ Scegliere difetti da considerarsi veniali per la mansione, che tutto sommato non pregiudicano l’efficacia del tuo lavoro.

Ad esempio. Se ti candidi per un ruolo che richiede estrema precisione, voler evidenziare (tra i difetti) che per tua natura ti distrai facilmente o che sei poco puntuale, rischia di metterti fuori squadra.
Così come raccontare che tu ti emozioni facilmente nel public speaking non è una gran scelta se ti stai proponendo per un lavoro nell’ambito della comunicazione (e che prevede attività di fronte a un pubblico).

➡️ Esporlo/i facendo presente che hai già la soluzione al problema: quel difetto non è più solo una debolezza personale, ma un’area IN miglioramento perché ti è talmente nota che stai già operando dei cambiamenti (grazie allo studio, all’esercizio, …).

➡️ Concludere la spiegazione con un caso reale, un aneddoto che ti è davvero accaduto, mooooolto positivo e recente di come sei riuscito a superare quella difficoltà/debolezza, ti farà acquistare credibilità.

Ma…

In onestà, rifletti: quel tuo limite è decisamente compromettente per la buona riuscita della mansione? Oppure è di poco conto, rispetto a ciò che andrai a fare? È qualcosa su cui hai migliorato/puoi migliorare davvero? O contro quello spigolo ci sbatterai ancora, ancora e ancora? E quel lavoro, nonostante l’ostacolo, è proprio quello che vuoi fare?

Solo dandoti risposta a queste domande puoi capire che il tuo futuro dipende da quanto sei sincero con te stesso, prima che con il selezionatore.

Del resto, l’avrai capito, se pensi in anticipo a cosa dire e ti eserciti, puoi orientare qualsiasi colloquio di lavoro, e la considerazione che si costruirà di te chi ti ascolta. Ma come per ogni domanda, affinché il tuo successo sia duraturo, sii vero.

 


Prima i pregi o prima i difetti?

Iniziare dai difetti per passare rapidamente ai pregi, in una sorta di crescendo non è affatto sbagliato. Ma anche concentrare il discorso, ampiamente, sui pregi, per minimizzare solo alla fine il difetto, è metodo che funziona.

Non c’è un ordine giusto o sbagliato. Diciamo che ciò che lo comanda è come viene posta la domanda (se il recruiter parla solo di pregi, perché scomodare i difetti 😅). E poi ci sono i tuoi tempi di risposta, che saranno più ampi e dettagliati nel caso dei pregi (sempre al plurale, ovviamente 😊). E saranno invece ristretti per entità e numero, a pochi se non UNO, UNICO, “lieve” difetto.


E se quel tuo difetto fosse invece un punto di forza per quel posto di lavoro?

In generale tutti i comportamenti, se esagerati, tendono ad assumere un’accezione negativa. E per alcune caratteristiche (soprattutto le trasversali) il confine tra positivo e negativo è davvero minimo.

Per questo, con la giusta comunicazione e un po’ di astuzia, potresti indicare tra i difetti quello che poi per il recruiter un difetto non sarà, perché sottolinea un comportamento in realtà efficace in quel ruolo. Non solo. Se riesci a raccontare il tuo limite con serenità e autoironia, sottolineando ciò che fai per tenerlo sotto controllo, addirittura puoi far emergere il pregio che hai sviluppato nel contrastare quel tuo difetto.

Caso pratico. E se il tuo difetto fosse l’essere eccessivamente perfezionista? Non sarebbe poi così pregiudizievole per quel lavoro di grande precisione che tanto t’interessa. E se lo esponessi, ad esempio, così?

“Un mio difetto, ad essere onesti, è che sono molto pignolo: tendo al perfezionismo perché cerco la correttezza assoluta* in ogni cosa che faccio. Nel tempo ho imparato a non farmi rallentare da questa ricerca della precisione, e a reagire tempestivamente a un eventuale errore [perché chi è pignolo lo si immagina lento nel fare le cose, e polemico: a ciò in genere si deve l’accezione negativa del termine]. E a pensarci bene ritengo che questa mia caratteristica si adatti efficacemente a questo lavoro e ai vostri obiettivi aziendali”.

* Pignoleria e perfezionismo, vicini a termini come “onesto” o “correttezza”, non so a voi, ma a me esprimono un valore positivo. Inoltre è efficace parlare del difetto al passato e rafforzare, col tuo impegno, come sei riuscito a mitigare quel comportamento nel tempo e fino al presente. E oggi hai superato quella che in precedenza era una tua difficoltà.

A ulteriore sostegno di questa riflessione, dai uno sguardo a questo video.

La tecnica esposta ha l’obiettivo di far dischiudere quel pregio che c’è dentro un qualsiasi difetto. È ampiamente usata in Psicologia Positiva e ha un impatto molto importante nelle relazioni professionali.

Cosa ci dice?
  • Che un difetto può anche essere un pregio, dipende da dove lo si guarda, dalle implicazioni e dall’intensità del comportamento “difettoso”…
  • Che il contrario di un difetto non è necessariamente un pregio!

*** Per sorridere un po !


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