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Lavorare BENE e sentirsi BENE sul lavoro?

Capitolo 1. I Rischi per la produttività.

Lavorare BENE e sentirsi BENE sul lavoro. Davvero si può?

L’argomento è scomodo e spinoso, lo so. In parte lo abbiamo affrontato qualche settimana fa, parlando dei 5 segreti per vivere una giornata di lavoro gratificante. Ricordi?

Ma essere appagati significa essere anche produttivi?

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Sono certa che tu ponga una profonda attenzione alla tua produttività sul lavoro. So che sei in perenne equilibrio tra il lavorare bene per il tuo capo e l’essere soddisfatto per te stesso.

E stai tranquillo che anche la tua azienda guarda alla tua produttività con profonda attenzione 😉. Perché, si sa, spera di ottenere il meglio da te, per il suo risultato economico e il suo business. Il che implica fari puntati sulla redditività di tutte le proprie risorse, incluse quelle UMANE. E dunque anche sulla tua.
Tu e i tuoi colleghi, del resto, siete il motore della performance aziendale. Senza di voi quale produzione ci sarebbe? Lo sai tu, e lo sa il tuo datore di lavoro, anche se a volte se ne dimentica.

Però mi confermerai che i motivi che ti spingono ogni giorno ad andare al lavoro sono diversi.
Pensi al successo del tuo progetto (e dell’azienda in cui lavori), ma vuoi anche assecondare l’interesse personale per ciò che fai. Non solo, cerchi sfide professionali appaganti con cui misurarti. Da un altro punto di vista – dimmi se NON è vero? – vivi nella NECESSITA’ di avere un lavoro e un salario, il che implica che ti adatti e a volte cedi anche a compromessi. E poi, “se non lavorassi, COSA FARESTI? COSA SARESTI?”.

Non ti senti, dunque, tra due fuochi (se non più) 😶 ?

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§ La vita non si piega ai tuoi bisogni. Trova il tempo…

W.A. Mozart

Produttività e lavoratore

Siamo oramai tutti concordi che un impiegato soddisfatto è anche un impiegato produttivo; e viceversa.

Ma è altrettanto vero che a volte i lavoratori, nel tentativo di appagare se stessi, propongono talvolta dei comportamenti “estremi”, espressione di una disfunzionalità o un disagio. E il lavoro diventa “dipendenza da lavoro”, quel lavoresimo (o workism), quel lavorare per dare un senso all’esistenza umana, di cui abbiamo parlato qualche articolo fa.

Tutto ciò, alla lunga, finisce per alimentare nel lavoratore stress e cattive condotte, che sono causa di inefficienza.


Produttività e azienda

Non solo. Nel 2014 AtTask (software house a diffusione mondiale), col supporto di Harris Interactive (ricerche di mercato), ha voluto un sondaggio interno su time management e produttività. E dai 2.000 questionari analizzati è emerso che solo il 45% del tempo trascorso al lavoro è effettivamente impiegato in modo produttivo per svolgere i compiti richiesti dal ruolo.

Dunque oltre la metà dell’orario di lavoro, apparirebbe improduttiva. Perché?


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§ La mancanza di processi e di procedure ben definite, una cattiva comunicazione, continue riunioni o interruzioni, e l’incapacità di stabilire delle priorità, sommersi da mail e da richieste di fare più cose contemporaneamente, sono le principali cause di una mala gestione del tempo lavorativo.

A partire dalle aziende. A cascata sui lavoratori e i loro comportamenti.

E dunque, come fare a migliorare la produttività sul lavoro?

Tutto sta nel dialogo azienda-dipendente.

Entrambe devono riconoscere e impegnarsi a facilitare quelle abitudini che migliorano il modo di lavorare e di stare al lavoro, isolando quei comportamenti e quelle procedure che ne minano i risultati.

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Ma quali sono i fattori di rischio maggiori per la produttività sul lavoro?

Non ci crederai, ma sono l’esatta espressione della modernità! 😮

1. Internet senza filtri

Pensa un po’. La digitalizzazione per tutti noi rappresenta un irrinunciabile strumento di comunicazione, un’estensione della nostra sfera privata (anche grazie alla portabilità degli strumenti), una fonte inesauribile di informazioni e per molti anche un mezzo di lavoro 😵.

Se però la curiosità (non il tuo compito, bada bene!) ti trattiene senza interruzione sul web a cercare la notizia di…? o sui social media per vedere l’ultimo post di…? oppure l’ultimo video di… ? interrompendo il tuo lavoro, risulterai inefficiente. Se poi non riesci a rispettare le consegne, e magari ti devi fermare oltre orario per finire ciò che potevi finire molto prima…


2. Mail, mail, e ancora mail…

Le mail sono oramai uno strumento di comunicazione irrinunciabile per ogni attività. Perché trasmettono rapidamente, in maniera poco invasiva ma tracciata, ogni tipo di avviso. Eppure a volte perdiamo troppo tempo a scriverle, leggerle e a rispondervi, anche in casi non necessari o di scarsa importanza.

Apri e chiudi il programma di posta. Oppure leggi a pezzi quella comunicazione, poi ci ritorni ma lasci, e ci ritorni ancora una volta… E quando quella notifica, con la bustina DA LEGGERE ti lampeggia sul monitor, sei tentato di vedere di cosa si tratta.

Qualsiasi cosa tu stia facendo la interrompi. Non è così?


3. Riunioni, riunioni, e ancora riunioni!

La riunione di lavoro, se assidua, lunga e allargata a troppe persone, può far perdere tempo.
Risulta inutile se non presenta concretezza e se ci sono troppe teste da mettere d’accordo.

Troppo spesso, peraltro, si fa la riunione perché è a calendario, non perché serve.
E si coinvolgono anche persone non direttamente interessate dall’argomento. Eppure, al contrario, è dimostrato che attenzione e partecipazione (e dunque anche il contributo in idee) è maggiore nel confronto ristretto tra chi ha effettivo ruolo nel tema.

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4. Troppe pause e scarsa organizzazione

Quando le pause si traducono in continue interruzioni per rispondere a richieste NON prioritarie, il risultato non può che essere perdita di tempo e calo della produttività sul lavoro.

D’altro canto però, lavorare senza mai staccare, oltre che impossibile, è altrettanto improduttivo. La stanchezza, causa distrazione e rallentamenti nell’eseguire le proprie attività, e – come poi accade – errori.


5. La ricerca di un multitasking matto e disperatissimo!

La capacità di essere multi-operativo in una stessa unità di tempo è una delle soft skills che le aziende, ad oggi, cercano maggiormente nei propri collaboratori. Ne hai certamente sentito parlare (e l’avrai letto anche qui, tra una pagina e l’altra del blog 😏).

Però oggi diciamo le cose come stanno.
Riuscire a fare più cose insieme può dare soddisfazioni e generare benefici.
Ma le persone inseguono sempre più ossessivamente questo modello, anche nel quotidiano, con la presunzione (o l’ingenuità) “che più è meglio”. E che possono garantire prestazioni (in qualità, capacità di attenzione e memoria) simili a quelle di un pc. Il concetto ci deriva, infatti, dall’informatica.

Cosa che non è 😑.

La moderna psicologia ha infatti dimostrato che il multitasking umano è raro, se non inesistente. Una persona può anche svolgere più attività in contemporanea, ma saprà dedicare a ciascuna solo una parte della sua concentrazione e memoria. Col probabile risultato che, per quanto dotata, non ne avrà fatta al meglio nessuna, certamente ricorderà poco, e forse qualcosa ha sbagliato e dovrà rifare.
E, concludendo, fai attenzione che la ricerca estrema del multitasking può generare dei veri e propri effetti collaterali sulla capacità di apprendimento e sulla salute.
Studi alla mano…

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6. Smart working

Questo nuovo approccio all’organizzazione del lavoro (recente in Italia, non in altri paesi), che favorisce la flessibilità e il lavoro da casa, non costituisce propriamente un rischio per la produttività. Ma il dibattito intorno alla sua utilità e alle regole di applicabilità è molto acceso. I diversi punti di vista – a favore e contro – vertono sugli effetti che esso può produrre sull’organizzazione complessiva dell’azienda, sul benessere organizzativo, sull’efficienza e la produttività, passando per l’equilibrio aziendale e ipotesi di discriminazione.

Nonostante le resistenze di un’imprenditoria old style che fatica ad accettare la venuta della flessibilità, non è più in dubbio che il livello di prestazione esuli dal luogo in cui uno lavora. In particolare è superata la credenza che lavorare in luoghi “diversi dall’ufficio” causi calo di rendimento nei lavoratori.
È chiaro che al lavoratore smart è richiesta una maggiore capacità di time management e di concentrazione, di fronte a possibili distrazioni casalinghe. Ma è oramai dimostrato che il lavoro da casa, anzi, aumenta la produttività di chi lo svolge, complici la quiete e l’ambiente confidente e confortevole, che permettono di ridurre stress e interruzioni (aumento quantificato nel 13% secondo lo studio dell’Università di Stanford e del Prof. Nicholas Bloom, nel 2013).

Resta pacifico che il lavoro da casa non è possibile PER OGNI tipo di mansione. E in taluni casi, seppur attuabile, è comunque sconsigliato da chi sente di trarre ispirazione dal vivere l'”ufficio” e dalla condivisione continua (a gomito) coi colleghi. Si pensi, ad esempio, alle mansioni creative-ideative che necessitano del contatto continuo con una platea o un team.

Hanno tutti le loro ragioni. La discussione è assolutamente aperta.

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Ma come contrastare questi 6 rischi? Eccoti 6 consigli … Seguimi al prossimo post!

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6 rischi per la produttività sul lavoro
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6 rischi per la produttività sul lavoro
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Azienda e lavoratore sono sempre più attenti alla produttività sul lavoro. Ma processi, comportamenti e stato mentale possono imbattersi in alcuni rischi... Ripercorriamo quei 6 (che meno ti aspetti!) che ostacolano la produttività e non ti permettono di lavorare BENE e sentirti BENE sul lavoro
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