Lavorare BENE e sentirsi BENE sul lavoro?
Capitolo 2. Le soluzioni per aumentare la produttività.
Ci siamo appena chiesti cosa influisca NEGATIVAMENTE sulla produttività e sull’efficienza al lavoro.
Ebbene, abbiamo individuato i fattori di rischio che, se non adeguatamente monitorati, comportano perdite di efficienza, e dunque di produttività.
Detto ciò, ora è tempo di dare delle soluzioni.
Dato che tutto ruota intorno a comportamenti e strumenti, è chiaro che tanto l’azienda quanto il lavoratore hanno responsabilità sul buon andamento del business. E che lavorare BENE per un risultato di tutti, e allo stesso tempo sentirsi BENE sul lavoro, rappresenta senza dubbio un comune obiettivo.
Ricordi i 6 rischi (che non ti aspetti)?
Eccoti 6 spunti per contrastarli.
Perché aziende e lavoratori siano in condizione di lavorare al meglio.
1. Internet senza filtri
Non ci avevi pensato che l’effetto catalizzatore del web, per cose utili e NON, e la sua disponibilità “in ogni momento” possono distrarre e far perdere tempo?
Puoi facilmente comprendere perché il tema della limitazione all’uso di internet e social network nei luoghi e orari di lavoro, oggi sia molto dibattuto. Siamo di fronte a situazioni del tutto nuove, collegate all’avvento preponderante delle nuove tecnologie di comunicazione.
Il confronto, giunto oramai anche nei tribunali 😱, si gioca su più campi:
- a) sfera economica (l’uso privato di strumenti aziendali: costi e benefici per l’impresa e l’attività?…);
- b) sfera personale (il diritto di restare informati e collegati con questioni di urgenza familiare, ad esempio);
- c) sfera della privacy (è corretto “spiare” il dipendente mentre usa i device di comunicazione, aziendali e/o privati?);
- d) sfera socio-psicologica. Secondo alcuni chat e social sono un prolungamento della nostra vita e ci fanno sentire più presenti con le persone intorno a noi; per altri sono strumenti di libera informazione e non possono/devono essere limitati; e poi c’è la querele sulla distrazione: “peggiorano l’attenzione!” “no, sono una pausa, un momento di stacco che, al contrario, migliora la produttività e potenzia il multitasking”...
Laddove si impone una limitazione tramite divieti, probabilmente si incoraggiano dei comportamenti al limite (e polemiche!). Invece generalmente sono ben accolte le regolamentazioni aziendali, ovvero includere nei regolamenti sui luoghi di lavoro anche regole a tal riguardo. In modo che i dipendenti siano debitamente informati sui limiti d’utilizzo degli strumenti aziendali e sul fatto che da un utilizzo scorretto possono derivare conseguenze disciplinari.
Ciò che serve più di tutto è certamente una sensibilizzazione all’uso moderato e consapevole dell’innovazione, un uso che sia realmente utile e rispettoso del lavoro e delle persone. Solo così possiamo cogliere tutti i benefici della nuova tecnologia, capace di semplificare vita e processi lavorativi.
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2. Mail, mail, e ancora mail…
Qualche anno fa Microsoft e l’Università dell’Illinois studiando il comportamento multitasking, vollero osservare cosa accade a quei soggetti che, nel pieno svolgimento di un’attività, sono stimolati da molteplici messaggi e e-mail, e così facendo sono obbligati a sospendere e riprendere più volte le loro attività (LEGGI LO STUDIO!).
Era il 2007, anni luce fa rispetto al mondo di oggi. Eppure quello studio resta illuminante: misurando le interazioni e i tempi di ripresa attività, si evidenzia che l’effetto disturbante di una mail (o un messaggio) è tale che s’impiegano almeno 15 minuti per riprendere efficientemente il proprio lavoro, dopo averla ricevuta!
Da studi come questo, e grazie all’esperienza, quali linee guida ne traiamo, per ottimizzare l’uso delle mail lavorative e ridurre al minimo l’inquinamento comunicazionale?
- COMUNICAZIONI IMPORTANTI: se devi chiedere/dare informazioni importanti, è preferibile accorparle in un’unica e-mail, lunga ma completa; piuttosto che frammentarle in tanti brevi messaggi 😉.
- COMUNICAZIONI “LIGHT”: se le notizie da chiedere/comunicare sono semplici e non cruciali, meglio evitare di caricare i colleghi di mail o messaggi continui 📧📧📧 … E approfittare della comunicazione diretta. Una telefonata o un confronto personale, talvolta, è più risolutivo di una catena infinita di e-mail ☎📞. E inoltre può migliorare i rapporti tra i collaboratori 😎.
- POSTA PERSONALE E FASCE ORARIE: la posta e la messaggistica privata va gestita col buon senso, e limitata all’imprevisto. Per quanto possibile, è meglio riservarla alle fasce orarie in cui si è meno presi da adempimenti lavorativi (ad es. in prima mattinata/a inizio turno; subito prima/subito dopo le pause; appena prima di lasciare il posto di lavoro/fine turno). A meno che il tuo compito non si basi sull’invio continuo di e-mail 😅, concentra in quelle stesse fasce orarie anche la lettura/risposta delle e-mail di lavoro. Focalizza le priorità e alterna le questioni difficili a quelle rapide e indolore (per evitare l’accumulo). L’ideale è affrontare i temi più impegnativi nei momenti di maggior freschezza, e le comunicazioni meno strategiche nei momenti di maggior stanchezza.
3. Riunioni, riunioni, e ancora riunioni!
L’obiettivo della produttività passa anche per il miglioramento nella gestione delle riunioni.
Nella programmazione delle attività quotidiane bisogna stare attenti a due cose: la priorità dei compiti e la quantità di cose da fare.
Le riunioni è meglio organizzarle se davvero bisogna discutere di qualcosa di concreto e non perché sono state programmate a cadenza fissa. È suggeribile ridurne la frequenza, la durata e anche il numero di partecipanti. Sono più efficaci dei micro-incontri per discutere in modo più diretto e ristretto, SOLO con chi è direttamente coinvolto nell’attività, o nella decisione da prendere.
È certamente utile stabilire un ordine del giorno calibrato su priorità e funzioni coinvolte. Ed è opportuno prevedere che tra i partecipanti ci sia un “moderatore” che supervisiona tempi, argomenti e obiettivi dell’incontro; e favorisce il follow up e la divulgazione dell’esito.
4. Troppe pause e scarsa organizzazione
Il tema delle pause era accennato anche nell’articolo sui segreti di una giornata GRATIFICANTE, qui sotto riportato, lo ricorderai.
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Ma se lì il punto di vista era squisitamente legato alla percezione, qui invece voglio darti dei suggerimenti di tipo organizzativo.
A seconda della propria personalità e di ritmi che non sono sempre uguali (ma magari cambiano a seconda della stagione, del ritmo del lavoro e dello stato d’animo), affronterai momenti più o meno produttivi. Impara a conoscerti e a sfruttare al meglio quelli in cui sai di poter dare di più.
Prevedi/migliora l’organizzazione del tuo lavoro: organizza un’agenda giornaliera/settimanale/mensile. Fai un’analisi (aiutato dal tuo capo, magari) di cosa è prioritario e cosa no. E rimuovi le distrazioni inutili (metti i filtri nella posta elettronica; o rimuovi quell’app che ti tiene incollato ma ti fa perdere tempo 😊!). Sai metterti in discussione con sincerità e obiettività?
L’azienda, dal canto suo, contribuirà garantendo processi e procedure chiari, concordati e rispettosi dei flussi di comunicazione e lavoro. E che siano facilitatori di ciascun ruolo.
Così facendo potrete evitare sovraccarichi e cose sospese, ma anche tempi morti.
E per le pause, Qual è il momento giusto?
Non c’è una risposta definitiva, né un’unica tecnica. Secondo alcuni serve un break importante (di almeno 15 minuti) ogni 90/120 minuti di lavoro (e anche alcuni corsi sulla sicurezza sul lavoro lo suggeriscono). Secondo altri è preferibile fare una piccola pausa di pochi minuti ma più di frequente, ogni mezzora di lavoro. A ognuno il suo equilibrio, e la sua tecnica.
- Tutto ruota intorno alla CONCENTRAZIONE. Essa dipende dalle capacità e allo stato di salute della corteccia prefrontale (che sviluppa il pensiero logico e la volontà). Pochi minuti al giorno di meditazione, o di quel vagare libero della mente (il sognare ad occhi aperti?) possono aiutare la corteccia a riposarsi (e dunque a concentrarsi). È parere diffuso che stimoli positivi alla corteccia prefrontale giungano anche da letture, studio e ricerche. Che siano correlati oppure no alla materia del tuo lavoro, non importa. Puoi liberamente decidere di sfruttare la pausa per imparare qualcosa DI Più, oppure qualcosa DI DIVERSO da ciò che fai abitualmente. Una pausa di lettura e ricerca, anche navigando su internet, sembra aiutare a ridurre lo stress 📚.
- COSA? Per concentrarsi bisogna essere nelle condizioni fisiche adeguate. In particolare devi mantenere un adeguato livello di glucosio nel sangue. Quindi in pausa, oltre a riposare corpo e mente, beh, sgranocchia qualcosa! 🍉🍐
- DOVE? L’aria aperta, e passeggiare all’aria aperta in particolare, favorisce non solo il benessere psicofisico, ma anche alcune abilità: come l’empatia, la capacità di prendere decisioni e la creatività 🌵🌳🌴.
- CON CHI? Passare del tempo coi colleghi di lavoro favorisce la coesione tra persone e la collaborazione. Seppur tendenzialmente si preferisce mantenere separati vita lavorativa e vita privata, respirare un forte senso di comunità all’interno dell’azienda permette di rafforzare un buon clima sociale e professionale. Le aziende che favoriscono luoghi e momenti di aggregazione, durante le pause o ad esempio congratulandosi pubblicamente con un dipendente che ha ben agito, sono dimostratamente più performanti 📈.
5. La ricerca di un multitasking matto e disperatissimo!
Sfatiamo quindi luoghi comuni e leggende. Che il multitasking dei comportamenti sia per tutti. Che aumenti la produttività, accorciando i tempi. E che l’abilità di giostrarsi con profitto tra più attività (dote che effettivamente qualcuno di noi ha più spiccata) sia più importante della specializzazione in un compito.
Ai fini della produttività non è così.
Proprio perché l’essere multitasking è un’abilità (come d’altro canto lo è anche la specializzazione), richiedere ad ogni lavoratore un alto grado di entrambe non solo è impossibile per le limitate capacità cognitive dell’uomo, ma è anche improduttivo e peggiorativo della sua vita lavorativa. Si troverebbe costretto a ripartire le sue energie tra più compiti, e se non predisposto o allenato a farlo, performerebbe meno in tutte le mansioni. Il risultato è un aumento di errori e incomprensioni.
📌 Un interessante approfondimento che ti propongo riguarda la differenza tra i concetti di multitasking e multipotenziale. Se il primo è un’ABILITA’, quest’ultimo è un MODO D’ESSERE, di approcciare lo studio e il lavoro in maniera molteplice perché hai molteplici interessi e un alto grado di curiosità. Di entrambi i concetti oggi si parla spesso e tuttavia si tende a confonderli. La differenza la trovi ben spiegata nell’articolo qui sotto.
Per questo NON è auspicabile che le aziende spingano i propri dipendenti al multitasking estremo.
Al contrario, le aziende possono abbattere i rischi legati al multitasking riconoscendo quando è realmente richiesto, e valorizzando sia i collaboratori DOTATI, che quelli SENZA tale abilità. Ok a stimolarli a tenere sotto controllo più di un task alla volta, ma senza eccedere! E assegnando compiti idonei alle competenze in campo.
È più produttivo procedere per obiettivi e che ogni lavoratore abbia il giusto tempo per svolgere il suo compito, assicurandosi di centrarli.
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6. Smart working e benessere organizzativo
Abbiamo visto come questo nuovo approccio all’organizzazione del lavoro sia legato alla produttività, passando per il benessere dei lavoratori. D’altro canto quest’ultimo indicatore oggi è strategico nel definire lo stato di salute e competitività delle aziende. E se dipendenti e collaboratori sono la risorsa più importante dell’azienda (è grazie a loro se l’impresa ha successo e si sviluppa), cosa dire di coloro che lavorano con una percezione negativa del clima aziendale?
Non a caso è all’attenzione dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) che oltre la metà dei lavoratori del vecchio continente creda correli lo stress da lavoro alle relazioni conflittuali coi colleghi.
Per questo un’azienda performante è quella che “ascolta” gli umori dei lavoratori e fa suo il concetto di benessere organizzativo (noto in psicologia del lavoro). E’ quella che s’interessa della salute fisica, psicologica e sociale dei propri collaboratori.
Come fare a ridurre i conflitti e aumentare la produttività?
Favorendo sin dai vertici aziendali quei comportamenti virtuosi che diventano value e prassi aziendale. Ovvero:
- Creando un clima di confronto e condivisione di obiettivi. Ciascun lavoratore ha i suoi compiti, ma per capire come si inseriscono nel quadro complessivo, è necessario che respiri i valori aziendali e che sposi la causa; che sappia cosa fanno gli altri e che veda il risultato del suo impegno. L’impresa sana favorisce la conoscenza e collaborazione tra le funzioni. E riconosce i risultati di singoli e gruppi di lavoro: diventa così strategico lo stile di leadership attuato, che sarà democratico e facilitatore.
- Favorendo la partecipazione di tutti agli obiettivi “condivisi” dell’azienda. Noti gli obiettivi, è strategico che l’azienda sappia trasmettere a ciascun collaboratore quant’è importante “per il bene comune” che egli li persegua. Abbattendo barriere e favorendo il lavoro di squadra tra i dipendenti (e tra loro e la direzione o l’imprenditore), “tutti incoraggeranno tutti” a contribuire al successo dell’azienda. Si percepirà una responsabilità condivisa.
- Motivando i collaboratori.
- Coinvolgendoli. Creando occasioni di ascolto attivo dell’altro (tanto su problemi di natura privata, quanto richiedendo il parere su questioni lavorative), avendo una buona e trasparente comunicazione, rispettando i principi di equità e meritocrazia cui i lavoratori sono particolarmente sensibili oggi. Così facendo il lavoratore sentirà il valore della sua responsabilità “personale”, ai fini del risultato complessivo. Il coinvolgimento è uno dei principali stimoli all’efficienza e alla produttività. Lo sostiene l’EurWork, l’Osservatorio europeo della vita lavorativa, in un più ampio quadro di studio dell’equilibrio vita-lavoro come elemento di soddisfazione (e dunque di performance) del lavoratore (LEGGI LO STUDIO!).
- Favorendo l’”affetto” del lavoratore verso il posto di lavoro e l’impresa. L’imprenditore NON consideri OVVIO il contributo del collaboratore, ma gli faccia percepire quant’è importante per il business. Gli trasmetta che si trova “al posto giusto nel momento giusto”. Gli assegni compiti adeguati e strumenti idonei per il suo lavoro e lo sviluppo. Infine lo faccia sentire parte di una comunità, in cui successi e insuccessi vengono discussi e affrontati insieme.
- Favorendo lo sviluppo di relazioni di fiducia, tra tutti, e rispettando anche la condizione umana. Questo punto non è così scontato ed anzi spesso si dimentica che nei luoghi di lavoro, come in ogni altro posto, esiste una componente emozionale. Ebbene l’impresa sana, quella che favorisce il benessere organizzativo, pone molta attenzione sulla necessità che le persone hanno, talvolta, di esternare le proprie emozioni. Che sia una soddisfazione o al contrario un insuccesso o una difficoltà, non è importante… Ma se il lavoratore trova le condizioni per “potersi togliere un peso” (con il sostegno dei colleghi e ovviamente nel rispetto degli altri), egli sarà un lavoratore più fiducioso nella sua azienda, più produttivo e più fedele.
In conclusione
Tutto è riconducibile al concetto di soddisfazione del lavoratore, che è un ulteriore indicatore (di sintesi) del benessere organizzativo.
Sulla bilancia tra condizioni di lavoro REALI e IDEALI, colui che esce “soddisfatto” dal contesto lavorativo in cui è, riconoscendo il merito del suo datore di lavoro nell’aver sviluppato le migliori condizioni, lavorerà con più efficacia e affetto. Diversamente sarà portato a lasciare l’azienda.
Ho letto con attenzione l’articolo e l’ho trovato davvero interessante e illuminante. Il problema è che le aziende italiane tendono sempre a fare esattamente il contrario di quanto scritto, con il risultato di inefficienze e personale scontento, numero infinito di riunioni per risolvere i problemi di cui sopra, migliaia di e-mail inutili per dimostrare l’inefficienza di un ufficio piuttosto che un altro! Assurdo che, chi gestisce le aziende italiane, non riesca a capire l’utilità dei 6 punti descritti nell’articolo.
Grazie Simone della testimonianza diretta.
Le questioni per rispondere alla tua considerazione, sono principalmente due: mala cultura d’azienda e mala organizzazione.
La prima è retaggio di tempi che furono. Sia da parte di chi gestisce le aziende (soprattutto le padronali, o quelle prive di un management preparato – e in un mondo di PMI com’è quello italiano sono davvero tante). Sia da parte dei lavoratori: “a volte” ancora troppo legati a vivere il lavoro in un modo che non esiste più (“eseguo il mio e ho fatto anche troppo…”), senza capacità critica né senso comune. Ciò mette gli uni contro gli altri, sovraccarica alcune funzioni e ne deresponsabilizza altre.
La mala organizzazione è anch’essa frutto di incapacità e di obsolescenza (di strumenti, di procedure, …). Fortunatamente posso testimoniarti che il tempo sta ponendo rimedio a questo 2° fattore, grazie alla tecnologia e alla maggior attenzione delle persone che fanno l’azienda (management e lavoratori). Ci vuole tempo, ma il percorso è intrapreso. Perché chi non lo fa rischia che le inefficienze di cui parli anche tu, lo taglino fuori.
Non è così semplice invece il cambio di passo culturale. Purtroppo. Solo quando le imprese “crederanno davvero” che la qualità del lavoro non è nella quantità di azioni compiute, si potrà superare inefficienze e scontentezza. Ma non è facile cambiare la testa delle persone. E’ più facile cambiare la testa delle aziende 😊. Non è un caso se le PMI più performanti di oggi nascono da scissioni rispetto a quelle gestioni old style.
Restiamo in contatto. Silvia